mercoledì 24 dicembre 2014

Una passeggiata per Roma tra luci e decorazioni

Dopo un periodo di assenza (chiediamo venia), torniamo proprio a Natale, una delle migliori occasioni per ritagliarsi una passeggiata nel cuore della città.
Roma non potrà forse essere paragonata a località dalle consolidate tradizioni natalizie, ma l’atmosfera e le decorazioni utilizzate, unite alla bellezza della location, rendono queste settimane davvero uniche.
L’itinerario che vi consigliamo ha inizio da via dei Fori Imperiali, con il suo consueto albero di Natale situato accanto al Colosseo, e prosegue per piazza Venezia, dove svetta, tra l’Altare della Patria e palazzo Venezia, uno splendido abete, quest’anno proveniente dalla Val di Fiemme.
Incamminatevi per via del Corso, decorata con ben 144 bandiere luminose raffiguranti le nazioni che hanno aderito ad Expo 2015.
Consigliamo di perdervi tra le innumerevoli strade che tagliano via del Corso, lo spettacolo non mancherà; dagli alberi “in aria” di via Frattina, alla scia luminosa di via Borgognona, passando per le luci a forma di serpente di via Condotti, zona dello shopping per antonomasia.
Nel tour di C’è Roma e Roma, non poteva mancare una visita a piazza Navona e alla sua giostra, adatta per tornare bambini per qualche minuto. Una volta al centro della piazza, alzate gli occhi al cielo e potrete vedere un bel gioco di luci proiettate sull’obelisco della fontana dei Quattro Fiumi, proprio di fronte alla chiesa di Sant’Agnese in Agone.
Tappa finale della nostra passeggiata (i meno temerari prendano un bus): piazza San Pietro.
La tradizione dell’albero di Natale in questa piazza è nata nel 1980, per volontà di papa Giovanni Paolo II e da quel momento è diventata una delle decorazioni più amate in città.
L’abete, alto oltre 25 metri, quest’anno arriva direttamente della Calabria, per la precisione dal comune di Fabrizia, in provincia di Vibo Valentia.
Altro importante simbolo è il consueto presepe, offerto per il 2014 dalla Fondazione Arena di Verona e composto da venti statue in terracotta a grandezza naturale. La composizione si snoda su una superficie di circa 24 metri e, come ben indica il nome datole “Presepe in Opera”, la sua scenografia si rifà al mondo della lirica. In particolare la scelta è caduta su “Elisir d’Amore”, melodramma scritto da Gaetano Donizetti e ambientato in un immaginario villaggio dei Paesi Bassi alla fine del XVIII secolo.
Se avete l’opportunità, non perdete l’occasione per visitare la piazza nel tardo pomeriggio, potrete così ammirare la nuova illuminazione ecologica che interessa anche la facciata e la cupola della Basilica.
Questo è solo un piccolo consiglio, Roma ha così tanto da offrire!
Buon Natale a tutti!



Colosseo
 
Piazza Venezia

Via Borgognona

Piazza San Pietro

Particolare presepe piazza San Pietro 

lunedì 13 ottobre 2014

Madama Lucrezia: una voce al femminile

C'è una donna tra le statue parlanti di Roma: Madama Lucrezia, esponente femminile della Congrega degli Arguti, che da secoli racconta con ironia i malumori della città.
La statua in questione è un busto romano del II sec d.C. alto 3 metri e posto su un basamento accanto alla basilica di San Marco, a pochi passi da piazza Venezia.
L'iconografia, in particolare il nodo dell'abito, permette di associare la figura alla colossale statua della dea Iside, situata probabilmente in Campo Marzio e spostata nella sua attuale sede solo nel 1500, per opera del cardinale Lorenzo Cybo.
La leggenda vuole che il nome derivi da Lucrezia D'Alagno, amante di re Alfonso V d'Aragona di Napoli, che si trasferì a Roma in seguito alla morte del sovrano e alla perdita di influenza nella corte.
Nel corso dei secoli la statua divenne protagonista della cosiddetta "cerimonia dei guitti", che si svolgeva in città ogni primo maggio.
Durante la festa, Madama Lucrezia veniva decorata con una corona di aglio e dei nastri; gli uomini "guitti", ossia artisti di strada, mendicanti e personaggi eccentrici, ballavano il "saltarello" (famosa danza popolare) con le più belle donne di Roma, presentandole prima alla statua.
Lucrezia si pronunciò con pochi ma significativi versi satirici. Uno dei più noti risale al 1799, anno della Repubblica Romana, quando il popolo inferocito gettò il busto dal piedistallo; il giorno dopo sulla sua schiena fu trovato questo cartello: "Non ne posso veder più", alludendo all'insofferenza verso la difficile situazione politica.
Un'ultima curiosità, secondo alcune teorie il famoso "piedone" di marmo, situato nella via omonima, apparterrebbe proprio alla nostra statua parlante. Lucrezia ha perso la scarpetta?

Madama Lucrezia
Piede di marmo
Il saltarello
 

lunedì 15 settembre 2014

La Cappella Sistina del Medioevo: l'Aula Gotica dei Santi Quattro

Nel rione Celio, a due passi dal centro storico, è possibile ammirare la “Cappella Sistina del Medioevo”.
Si tratta dell'Aula Gotica della Basilica dei Santi Quattro Coronati, edificio del IV secolo dedicato, secondo la tradizione, a quattro scultori cristiani condannati a morte da Diocleziano in seguito al rifiuto di scolpire degli idoli pagani.
La sala, situata al primo piano della Torre monasteriale, deve la sua fama agli splendidi affreschi duecenteschi scoperti nel 1996 dopo essere rimasti nascosti per secoli sotto uno strato di pittura.
Questa decorazioni, aventi come tema comune “il conflitto tra Chiesa e Impero”, furono realizzate tra il 1246 e il 1255 con probabilità su commissione del cardinale Stefano dei Conti di Segni, nipote di Papa Innocenzo III e canonico della cattedrale di Notre Dame a Parigi (da qui la passione per lo stile gotico), che dal 1244 visse in quell’edificio.
La realizzazione degli affreschi, divisi in due campate, è attribuita al Terzo Maestro Di Anagni, artista ignoto dalla forte espressività e autore delle decorazioni  nel Duomo di Anagni.
Un’altra teoria vuole che l’autore sia Jacopo Torritti, pittore della cosiddetta “scuola romana” del XIII secolo.
Le figure rappresentante sono svariate. Partendo dalla campata meridionale è possibile scorgere: i dodici mesi dell’anno, le arti, le stagioni, i venti;  nella parte settentrionale sono invece visibili: re Salomone (esempio di giustizia e di raccordo tra Antico e Nuovo Testamento), a cui seguono figure testamentarie e rappresentanti degli ordini mendicanti.
Tali immagini rafforzano l’ipotesi che la sala fosse utilizzata in origine come aula di giustizia, in seguito, durante la peste del Cinquecento, ricoperta da pittura per poi diventare guardaroba e stireria del convento.
Per ammirare dal vivo l’Aula gotica è necessaria la prenotazione. Dal 15 settembre sarà possibile iscriversi per le visite del 18 e 19 novembre.

Per ulteriori informazioni su orari e costi visitare il sito http://www.aulagoticasantiquattrocoronati.it/

Affreschi dell'Aula Gotica

Particolare: Costantino sogna i santi Pietro e Paolo

Basilica dei Santi Quattro

martedì 5 agosto 2014

La nevicata del 5 agosto

Fiocchi di neve in estate? Se siete a Roma può accadere anche questo! 
Ogni 5 agosto la piazza antistante Santa Maria Maggiore, una delle quattro basiliche papali della città, è protagonista di una suggestiva nevicata.
Lo spettacolo, grazie a luci e macchine artificiali, vuole celebrare il "miracolo della Madonna della Neve".
La tradizione narra che nella notte tra il 4 e il 5 agosto 352 d.C., la Vergine Maria apparve contemporaneamente in sogno a Giovanni, un nobile romano e a Papa Liberio, pregando di costruire un edificio di culto a lei dedicato. Un miracoloso evento avrebbe permesso ai due di individuare il luogo idoneo per la realizzazione.
Il prodigio si verificò, una straordinaria nevicata avvolse il colle Esquilino e il Papa ordinò di costruire proprio lì la futura basilica, grazie al contributo economico del nobile.
Storicamente parlando, l’edificio venne però fatto erigere da Papa Sisto III nel 432 d.C., stando alle fonti, proprio sulla leggendaria chiesa voluta dalla Vergine.
Diverse sono state le modifiche apportate alla struttura nel corso dei secoli; la basilica che ammiriamo oggi è infatti il frutto di una commistione di epoche e stili.
Tra le meraviglie architettoniche interne, merita di essere menzionata la “cappella Paolina”, parte integrante della tradizione della Madonna della Neve.
L'opera, commissionata nel 1605 da Papa Paolo V Borghese a Flaminio Ponzio, ospita ogni
5 agosto, prima dello spettacolo in piazza, una pioggia di petali bianchi, che dalla cupola cadono al suo interno. La scelta di questa cappella è significativa poiché custodisce la miracolosa icona bizantina della “Salus Populi Romani” (letteralmente: salvezza del popolo romano) , per tradizione attribuita a san Luca e raffigurante la Madonna con Bambino.
Per cittadini e turisti l'appuntamento è stasera alle ore 20.30 in piazza Santa Maria Maggiore.
 
Nevicata di agosto

Basilica di Santa Maria Maggiore

 
 

venerdì 25 luglio 2014

Se Pasquino chiama, Marforio risponde!

Prosegue lo spazio dedicato alle sei statue parlanti della città, conosciute anche come la "Congrega degli Arguti", su cui i cittadini erano soliti affiggere messaggi anonimi e satirici contro i regnanti.  
Compagno di chiacchiere del nostro famoso Pasquino è senz'altro Marforio
Si tratta di una scultura marmorea del I sec a.C, oggi nel cortile del Palazzo Nuovo ai Musei Capitolini, raffigurante un possente uomo adagiato su un fianco, con barba, veste e una conchiglia in mano.
L’iconografia in questione permette di associarlo al dio Nettuno o ad una personificazione del Tevere.
La statua si trovava nel Foro di Augusto, proprio vicino all’Arco di Settimio Severo, e faceva parte di una grande vasca circolare caratterizzata dalla scritta "mare in foro". 
Proprio da questa iscrizione potrebbe derivare il nome Marforio, una possibile corruzione del termine latino "Martis Forum" (vista la sua vicinanza al Foro di Marte), o un riferimento alla famiglia Marfoli (per alcuni Marfuoli) che abitava nella zona del Carcere Mamertino.
Nel 1588 Papà Sisto V ordinò di spostare la statua e Giacomo della Porta decise di inserirla nel suo progetto per la costruzione di una fontana in piazza San Marco; in seguito, nel XVII secolo, la scultura divenne parte integrante del cortile ad esedra di Palazzo Nuovo in Campidoglio, sua attuale sede.
La vasca, invece, venne utilizzata come abbeveratoio per il bestiame sino al 1816, quando fu trasferita sotto le statue dei Dioscuri a palazzo del Quirinale.
Memorabile rimane lo scambio di battute tra Marforio e Pasquino su Napoleone, accusato di portare in Francia i tesori della cultura italiana. Per l'occasione intorno al collo di Marforio venne appeso questo cartello: "È vero che i francesi so' tutti ladri?", la statua di Pasquino rispose: " Tutti no, ma Bona Parte!". 
Per gli amanti del cinema, Marforio è tornato alla ribalta di recente grazie alla locandina internazionale della "Grande Bellezza", film Oscar di Paolo Sorrentino. L'immagine, frutto di un geniale fotomontaggio, mostra l'imponente statua parlante alle spalle di un annoiato Jep Gambardella, vestito da perfetto dandy. Cosa si diranno?

Marforio (Palazzo Nuovo)

Locandina internazionale de "La Grande Bellezza"
 

mercoledì 2 luglio 2014

Circo Massimo

Dalle bighe ai Rolling Stones. Mai come in queste ultime settimane Circo Massimo è stato protagonista della città.
Un esteso prato dalla forma ellittica, ecco cosa rimane di uno dei siti archeologici più famosi al mondo. Lasciamo spazio all’immaginazione e cerchiamo di ripercorrerne le origini.
L’area, dalle impressionanti dimensioni (oltre 600x200 metri), nasce come una struttura destinata ai giochi per l’intrattenimento del popolo, in grado di ospitare più di 300 mila persone.
Secondo la leggenda la valle sarebbe stata protagonista del famoso episodio del “Ratto delle Sabine”, narrato dallo scrittore Tito Livio.
Romolo, mitico fondatore della città, decise di organizzare una grande cerimonia nello spazio in cui oggi sorge il Circo Massimo e di invitare i Sabini, antico popolo del centro Italia, insediato nella zona dell’attuale Rieti, e le loro donne.
Nel corso dell’evento i Romani rapirono quest’ultime, per procreare e aumentare la popolazione della città, scatenando l’ira dei Sabini che dichiararono guerra a Roma.
Le donne, che avevano intanto ricevuto diritti civili e proprietà, si opposero a questa lotta, scendendo in campo di battaglia e costringendo i due popoli alla pace.
Le origini storiche del sito archeologico riconducono, invece, a Tarquinio Prisco , quinto re di Roma originario dell’Etruria, che regnò per trentotto anni (dal 616 al 579 a.C.). Fu il sovrano ad ordinare una bonifica della valle Murcia, così denominata in onore del nume tutelare, che si estendeva tra i colli Palatino e Aventino.
Il re etrusco organizzò qui i primi giochi dei Ludi Magni dedicati a Giove Capitolino.
Nel II sec a.C. Giulio Cesare diede un aspetto definitivo alla struttura, facendo costruire  un edificio e dei sedili in muratura. Negli anni successivi l’imperatore Augusto apportò delle modifiche, in seguito ad un incendio, e vi fece erigere l’obelisco di Ramses III, oggi in piazza del Popolo.
Non da meno fu Costanzo II  che nel 357 d.C. vi trasferì l'obelisco di Tutmes III, attualmente visibile in piazza San Giovanni in Laterano (ndr. C’è Roma e Roma ha pubblicato un post sull’argomento).
Vari interventi si susseguirono sotto gli imperatori Tiberio Nerone e Tito, che nell’81 d.C. inserì un arco. Gran parte dei resti oggi visibili risalgono però a Domiziano e Traiano nel II sec d.C.
Circo Massimo venne utilizzato per le gare sino al 549.
In particolare dell'età traianea possiamo ammirare ancora l'edificio sotto il Palatino, i fornici e le scale per i piani superiori.
Durante il Medioevo l'area fu di proprietà della famiglia Frangipane e oggi rimane a testimonianza una torre definita della "moletta", in quanto  si trovava accanto ad un "mulino" che traeva acqua dal fosso di San Giovanni, ottenuto grazie ad una canalizzazione diretta dal fiume Aniene.
Nel 1223, secondo la tradizione, proprio in questa torre Iacopa dei Normanni, vedova di Graziano Frangipane, ospitò san Francesco d'Assisi nel suo soggiorno a Roma.
La torre doveva far parte di un complesso fortificato di cui oggi purtroppo non rimangono tracce; gli edifici vennero infatti distrutti nel 1943 per un progetto mai realizzato.



Edificio sotto il Palatino

Incisione del Cinquecento

Torre della Moletta

Veduta Circo Massimo

The Rolling Stones a Circo Massimo (copyright Elena Greco)

The Rolling Stones a Circo Massimo (copyright Elena Greco)

The Rolling Stones a Circo Massimo (copyright Elena Greco)

The Rolling Stones a Circo Massimo (copyright Elena Greco)


 

domenica 15 giugno 2014

Le statue parlanti: Pasquino

Roma è spettatrice di un dialogo silenzioso che dura da secoli. Passeggiando per le vie e gli angoli della città è facile imbattersi nelle "statue parlanti", simbolo di un'ironia tutta romana.
Si tratta di una serie di opere antiche, per la tradizione sei, definite anche la "Congrega degli Arguti", su cui i cittadini romani, fin dal XVI secolo, affiggevano dei messaggi anonimi e satirici contro i regnanti.
Pasquino è forse la più nota di esse. Rimane ben poco oggi di questa opera del I secolo d.C. (copia romana di un originale in bronzo greco del III sec a.C.): il volto quasi indistinguibile, braccia e gambe assenti, la bizzarra presenza di un secondo busto.
Grazie ad alcune incisioni del XVI secolo si è capito che la statua raffigurava due corpi, probabilmente una versione di "Menelao che sorregge Patroclo morente", ed era una delle decorazioni dello Stadio di Domiziano che si trovava nell'attuale piazza Navona.
L'opera venne ritrovata nel 1501 proprio nell'omonima piazza in cui oggi si trova, durante i lavori di ristrutturazione dell'adiacente palazzo Braschi, attualmente sede del Museo di Roma.
Fu il cardinale Oliviero Carafa, responsabile dei lavori, a salvare la statua dalla distruzione e ad applicarvi il proprio stemma di famiglia.
In breve tempo il nome "Pasquino" divenne famoso. Varie sono le ipotesi sull'origine del suo nome: alcuni pensano derivi dal nome di un artigiano che lavorava nella zona nel '500 noto per la sua bravura nel comporre versi satirici; altri lo associano ad un personaggio di una novella del Boccaccio.
Una delle storie più bizzarre vuole che un gruppo di studenti di una vicina scuola chiamò la statua come il loro maestro, vista la strana somiglianza.
A Roma era già una pratica abituale scrivere nella notte cartelli satirici contro il potere e i suoi abusi; con probabilità Pasquino iniziò quasi per caso ad essere usato come messaggero dei malumori del popolo attraverso le sue "pasquinate", versi taglienti indirizzati a personaggi dell'epoca, papi e nobili in primis, messi alla berlina per i loro comportamenti.
Molti tentarono di far tacere questa scomoda statua parlante, da papa Adriano VI che ordinò di gettarla nel Tevere, sino a Benedetto XIII che ad inizi '700, tramite un editto, minacciò di pena di morte chiunque avesse osato affiggere versi satirici su Pasquino.
Non bastarono leggi o guardie notturne per fermare la sua voce.
La tradizione ebbe una battuta di arresto solo dopo la Breccia di Porta Pia nel 1870, quando le dinamiche politiche cambiarono e molti poeti sferzanti "in carne ed ossa" si affacciarono sulla scena, basti pensare al Trilussa.
Pasquino riemerse dal suo silenzio nel 1938, quando in occasione della visita di Hitler a Roma così si pronunciò:
"Povera Roma mia de travertino! / T'hanno vestita tutta de cartone / pè fatte rimirà da 'n'imbianchino venuto da padrone!"
Sottoposto a restauro negli ultimi anni, oggi Pasquino parla con moderazione e a volte è addirittura muto, ci si chiede se per salvaguardia del monumento o altro.
Rimane la leggenda e una voce nella notte silenziosa.


Statua di Pasquino

Aspetto originario da incisione

Pasquinata in ricordo di Alberto Sordi

 

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giovedì 29 maggio 2014

La fontana delle Tartarughe

A due passi dal Lungotevere, nascosta tra i vicoli del centro storico, è possibile ammirare la fontana delle Tartarughe, un piccolo gioiello di Roma.
Situata in piazza Mattei, dal nome della potente famiglia a cui apparteneva il palazzo che lì si affaccia, la Fontana venne costruita nel 1581 dallo scultore Taddeo Landini, su progetto dell’architetto Giacomo Della Porta.
La struttura subì diverse variazioni in corso d’opera, il disegno originario prevedeva quattro efebi e otto delfini in marmo; si optò invece per una realizzazione in bronzo e vennero eliminati quattro delfini, attualmente visibili nella fontana di piazza della Chiesa Nuova.
Oggi possiamo, dunque, osservare, nella parte inferiore, un basamento in marmo impreziosito da quattro conchiglie. Nella parte superiore, i quattro efebi, poggiati sui delfini, sostengono un’altra vasca, decorata da volti di putti, spingendo le piccole tartarughe a bervi.
La leggenda vuole che un duca della famiglia Mattei, noto giocatore d’azzardo, perse tutto il suo patrimonio in una sola notte. La notizia giunse alle orecchie del padre della ragazza amata che rifiutò di concedergli la mano della figlia; il duca, sdegnato dall’affronto, decise di dimostrare il suo valore, affermando che in una notte, lo stesso tempo in cui era riuscito a perdere tutti i suoi beni, avrebbe costruito qualcosa di eccezionale.
Il giorno successivo, padre e figlia furono convocati a palazzo dal duca, che, aprendo la finestra, mostrò la splendida fontana fatta erigere proprio al centro della piazza. 
I due giovani riuscirono a sposarsi e da quel momento in poi la finestra del palazzo, da cui è visibile la Fontana, venne murata in ricordo dell’evento.
Non perdete l’occasione per una visita al vicino quartiere ebraico, tra i più antichi del mondo, ricco di storia e tradizione. Dopo una passeggiata tra i suoi caratteristici vicoli, ritagliatevi il tempo per gustare alcune delle specialità tipiche della cucina giudaico romana. Uno dei piatti più gustosi è sicuramente il "carciofo alla giudia".
C'è Roma e Roma vi dà la ricetta, pronti per un'anticipazione?

                                               Ricetta del carciofo alla giudia
 
Utilizzare  il "mammola", carciofo romano per eccellenza, noto per la sua tenerezza.
Pulire bene i carciofi (eliminare le foglie esterne più verdi e dure dei carciofi fino ad arrivare a quelle interne più morbide) e lasciarli in un recipiente con acqua e limone per una decina di minuti.
Dividere a metà i carciofi verticalmente.
Scaldare un'abbondante quantità di olio in una padella larga ed immergere i carciofi due alla volta   lasciandoli galleggiare.
Togliere i carciofi dopo 20 minuti circa e aprire, con attenzione, le foglie a corolla.
Porli di nuovo, a gambo in su, nella padella e, a fiamma fortissima, friggere per un paio di minuti fino a quando diventano di un bel colore dorato.
Farli sgocciolare su uno scolapasta e servili ben caldi, conditi con sale.


Fontana delle Tartarughe

Particolari efebo © Domenico Casamassima 

Particolari tartarughe

Carciofo alla giudia
 
 

lunedì 19 maggio 2014

Un obelisco a due passi dal Colosseo!

Prosegue il viaggio sulle tracce della cultura egizia in città. Oggi visitiamo il famoso Obelisco di piazza San Giovanni in Laterano, uno dei tredici che costellano Roma.
In granito rosso e a pochi minuti dal Colosseo, svetta dai suoi 32,18 metri, che ne fanno addirittura l'obelisco monolitico più alto del mondo.
I geroglifici e le scritte in marmo laterali, ci raccontano la sua origine. L'opera venne realizzata nel XV secolo a.C per volontà del faraone Tutmosis III , con lo scopo di adornare il cortile del Grande Tempio di Ammone a Karnak, una piccola città vicino Luxor.
Fu il successore Tutmosis IV a far erigere e decorare l'opera con geroglifici su gran parte della sua superficie.
Proprio il tempio di provenienza e le scene di culto incise permettono di collegare l'obelisco al culto di Amon-Ra, dio Sole egizio.

Nei secoli successivi, stando alle cronache dell'epoca, molti personaggi illustri cercarono di trasportare il monumento a Roma. Il primo a concepire questa idea fu l'imperatore Augusto, ma le mastodontiche dimensioni della costruzione bloccarono l'operazione.
Secoli dopo, Costantino tentò di nuovo il trasporto, ma alla sua morte il progetto venne interrotto e ripreso solo nel 357 d.C., quando il figlio Costanzo II riuscì a far giungere l'obelisco a Roma, ordinando di erigerlo al centro del Circo Massimo.
Sino al Medioevo l'obelisco rimase lì, vittima della noncuranza, tanto da subire un crollo che ne portò ad uno smembramento in tre pezzi. Solo nel 1587, alcuni scavi permisero il suo ritrovamento e la successiva ricostruzione.
Papa Sisto V lo fece collocare nell'attuale piazza San Giovanni in Laterano, su un basamento opera dell'architetto Domenico Fontana, come ricorda la scritta incisa sul marmo.
L'obelisco è oggi circondato da edifici di notevole rilievo artistico, quali la Loggia delle Benedizioni di Sisto V, il Palazzo Lateranense, famoso per essere stato l'antica residenza dei papi e il Battistero.
Nella piazza di Porta San Giovanni, alle spalle di quest'area, è invece possibile ammirare la facciata della Basilica di San Giovanni in Laterano e i suoi giardini, sede storica di importanti eventi religiosi politici e culturali.


Obelisco lateranense

 Dettaglio geroglifici ed iscrizioni

Veduta di piazza San Giovanni in Laterano



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sabato 10 maggio 2014

La Casa dei Crescenzi

A due passi dalla Bocca della Verità, proprio accanto al palazzo dell'Anagrafe, è possibile ammirare un raro esempio di dimora patrizia del Medioevo.
Su via Petroselli possiamo infatti osservare ciò che rimane della casa che appartenne alla nobile e antica famiglia dei Crescenzi.
La dimora, costruita tra il 1040 -1065 per volere di Niccolò Crescenzi, aveva la forma di una torre quadrata e fungeva sia da casa che da fortezza nello stesso tempo. Trovandosi a sud dell'isola Tiberina e di fronte a quello che oggi conosciamo come ponte Rotto, ciò permetteva alla famiglia di dominarne l'accesso e far pagare il pedaggio a chi doveva attraversare il fiume.
In origine l'edificio era strutturato su due livelli, di cui oggi rimangono pianoterra e parte del piano superiore, e nelle sue mura sono presenti diversi elementi architettonici (capitelli, colonne, cornicioni, diversi mattoni) a testimonianza delle varie fasi di ristrutturazione.
La torre crollò nel 1312 a causa di un attacco del popolo, guidato da Giacomo Arlotto degli Stefaneschi.
Nel Medioevo il palazzo venne soprannominato "Casa di Pilato" visto che in occasione delle sacre rappresentazioni della Passione di Cristo era adibita a sede del suo Pretorio.
Prima della ristrutturazione ottocentesca, per lungo tempo la costruzione cadde nel dimenticatoio e venne utilizzata come fienile. Dal 1939 ospita il Centro degli studi per la Storia dell'architettura, nel quale vengono custoditi preziosi documenti sulla storia dell'architettura e dell'urbanistica.

La casa dei Crescenzi


Dettagli casa

Decori architettonici



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sabato 3 maggio 2014

Santa Maria della Scala e l'antica Spezieria

Nel caratteristico rione di Trastevere, la chiesa di Santa Maria della Scala, costruita tra il 1593 e il 1610, merita la giusta attenzione.
Come recita la tradizione, l'edificio ospita l'icona della Madonna, che nel 1592 era posizionata sulla scala di una casa nelle vicinanze (da qui il nome) e miracolosamente riuscì a guarire un bambino.
Nel 1849 in questa chiesa, adibita ad ospedale, morì Andrea Aguyar, il "moro" di Garibaldi, insieme a tanti altri patrioti che presero parte al Risorgimento italiano.
Nell'adiacente convento i carmelitani crearono, nel Cinquecento, una delle più antiche spezierie di Roma, di cui ancora oggi abbiamo testimonianza.
All'inizio era riservata solo agli stessi frati, ma dal Seicento tutti i romani ne poterono usufruire.
I carmelitani, bravi chimici e ricercatori scientifici, con le spezie del loro giardino creavano dei preparati per ogni tipo di malattia, come l'acqua della scala per le nevralgie, quella di melissa come calmante e della samaritana come disinfettante.
Le voci che circolavano sulla spezieria raggiunsero l'orecchio del Papa Pio VIII, che fece uso delle loro creazioni e questo fu solo l'inizio, tanto che venne denominata la "farmacia dei Papi".
I carmelitani terminarono definitivamente il loro lavoro nel 1954, ma i loro laboratori, che si trovano al primo piano del monastero, sopra la farmacia ancora in funzione, possono essere visitati su prenotazione.
Tutto è rimasto com'era, le vetrine con i tipici recipienti delle preparazioni, i mortai, le bilance e inoltre sui banconi sono ancora visibili ricettari ed erbari.
Vittorio Emanuele I la visitò nel 1802 e la sua presenza come quelle di altri personaggi celebri sono testimoniate da dipinti che si trovano sulle ante degli armadi della spezieria.


Santa Maria della Scala

Anta con la raffigurazione di Vittorio Emanuele I

Interni della Spezieria



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venerdì 25 aprile 2014

Una piramide nel cuore di Roma

Nel caratteristico quartiere Ostiense, adiacente al Cimitero Acattolico, svetta la famosa Piramide Cestia, risalente al I sec a.C. Si tratta di un vero e proprio monumento funerario, unico esemplare rimasto in città a testimonianza dell'influenza che la civiltà egizia, in seguito all'annessione come provincia nel 30 a.C., ebbe sulla cultura romana.
La struttura in calcestruzzo misura un'altezza di circa 36,40 metri e come spiega l'iscrizione, presente sul lato est, venne costruita in appena 330 giorni per volere di Gaio Cestio Epulione, che espresse nel proprio testamento il desiderio di avere un sepolcro di tale forma.
L'uomo era un conosciuto tribuno della plebesettemviro degli epuloni, ossia membro di uno degli ordini religiosi più importanti di Roma, costituito da sette uomini con il compito di organizzare pubblici banchetti e giochi durante alcune feste religiose.
La camera sepolcrale interna, caratterizzata da una volta a botte, fu murata subito dopo la sepoltura, ma con grande probabilità venne riaperta e violata per la prima volta nel Medioevo, portando ad una perdita definitiva dell'urna cineraria e di una parte di affreschi.
Le decorazioni interne superiori, oramai poco visibili, rappresentano delle ninfe e agli angoli quattro Vittorie alate; la parte inferiore ritrae invece figure di donne con offerte votive in mano.
Nel 271 d.C. la Piramide venne inglobata all'interno delle Mura Aureliane e da fine XIV secolo diversi intellettuali, tra cui Francesco Petrarca, la associarono al sepolcro di Remo, fratello del mitico fondatore della città. In seguito, varie sono le vicende che segnarono il monumento: da chiesa, mai realizzata, su progetto del Borromini, a ipotetica collocazione per il primo parafulmine a fine XVIII secolo.
Una piccola curiosità, ai confini con il monumento, facilmente riconoscibile da piazzale Ostienese, sorge la più antica colonia felina di Roma "i gatti della Piramide". La storica struttura tutela e permette l'adozione di amici a quattro zampe abbandonati che vivono proprio lì, all'ombra della misteriosa Piramide.


Orari di apertura Piramide
È possibile visitare il monumento solo con prenotazione.
Per info e prenotazioni: (+39) 06 39967700, (+39) 06 5743193
 
Orario colonia felina
Tutti i giorni dalle ore 14.00 alle 16.00.

 

Piramide Cestia

Interni Piramide


Gatto all'ombra della Piramide

Gatti della Piramide



lunedì 21 aprile 2014

Tanti Auguri Roma!

Oggi 21 aprile si festeggia il "Natale di Roma", giorno in cui, secondo lo storico Varrone, Romolo tracciò il primo perimetro della città. L'evento risale al 753 a.C. ed ebbe come scenario il colle Palatino. La tradizione vuole che i Romani decisero di conteggiare gli anni a partire da questa data, utilizzando la formula latina "Ab Urbe condita", ossia "dalla fondazione di Roma".
In antichità questo evento era strettamente collegato alle feste agricole dei "Palilia", precedenti alla Fondazione e dedicate a Pales o Pale, arcana divinità protettrice del bestiame.
In origine la cerimonia si teneva proprio il 21 aprile, per i Romani giorno del risveglio della primavera. Per lungo tempo questa festa fu dimenticata e tornò in voga solo grazie all'imperatore Augusto, che la associò alla nascita della città, avvenuta nella stessa data.
Durante i Palilia i pastori iniziavano il rito purificando il bestiame con ramoscelli bagnati di acqua e bruciando varie erbe, tra cui il rosmarino. Venivano offerte alla divinità focacce e la burranica, una bevanda composta da latte e mosto.
In serata avveniva la cosiddetta accensione dei "fuochi di paglia", che i pastori provavano ad oltrepassare con un'asta. La preghiera sacra delle Vestali chiudeva la giornata.
Dopo molti secoli di silenzio, la festa per la Fondazione cittadina tornò nel 1870, anno dell'annessione al Regno d'Italia e nel 1902 venne organizzato, per la prima volta, una maestoso corteo storico con personaggi in costume dell'antica Roma.
Tornando ai nostri giorni, diversi sono gli eventi per ricordare la nascita della città, fra cui l'ingresso gratuito in diversi musei della Capitale ed ovviamente la storica parata!
Ancora tanti auguri Roma!

Parata storica
Partenza da Circo Massimo ore 11.30 (previsto il passaggio per via dei Fori Imperiali tra le 12 e 12.45 circa).

Musei ad ingresso libero
Centrale Montemartini, Museo dell'Ara Pacis, Museo Barracco, Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale, Museo Canonica, Museo della Memoria Garibaldina, Museo delle Mura, Villa di Massenzio, Museo Civico di Zoologia, MACRO Testaccio.

Previsto il pagamento dell'integrazione mostre nei seguenti musei dove sono allestite mostre temporanee:

Musei Capitolini: integrazione euro 3,50; ridottissimo euro 2,00
Musei di Villa Torlonia - Casino Nobile: integrazione euro 2,50
Mercati di Traiano: integrazione euro 1,50
Museo Carlo Bilotti: integrazione euro 1,50
Museo Napoleonico: integrazione  euro 1,50
Museo di Roma: integrazione euro 1,50
MACRO (via Nizza): integrazione euro 4,00



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I sette colli di Roma


Romolo e Remo con la Lupa
 
Parata in costume



venerdì 18 aprile 2014

La Via Crucis al Colosseo

Oggi venerdì 18 aprile, come ogni settimana santa, si terrà la Via Crucis, presieduta da Papa Francesco, nello splendido scenario del Colosseo.
L'anfiteatro Flavio è considerato il simbolo della città di Roma ed ebbe origine intorno al 72 d.C., quando l'imperatore Vespasiano ne iniziò la costruzione. Il suo nome attuale, risalente al Medioevo, deriva dalla statua del Colosso di Nerone, che si trovava nelle vicinanze.
La storia ci narra che ospitò gladiatori e spettacoli di ogni genere, ma nell'Anno Santo del 1750 tutto cambiò. Papa Benedetto XIV, per celebrare il Giubileo, diede inizio alla tradizionale processione del popolo cristiano durante il Venerdì Santo.
Egli fece posizionare all'interno del Colosseo le quattordici edicole delle stazioni e una grande croce, così da consacrare l'anfiteatro romano al ricordo della passione di Cristo.
Queste vennero però rimosse dopo il 1870 (solo la croce fu rimessa nel 1926), visto che, in seguito all'annessione di Roma al Regno d'Italia, la processione cominciò a suscitare poco interesse nel popolo.
Tutto ciò ebbe vita breve perché, dapprima Giovanni XXIII nel 1959, poi Paolo VI nel 1964 riportarono la Via Crucis al Colosseo, che in questa occasione fu trasmessa dalla Rai in Eurovisione e in seguito, nel 1977, in Mondovisione e a colori.
Giovanni Paolo II, nel 1984, scrisse di suo pugno i commenti delle quattordici stazioni e dal 1985 ha permesso che attori, scrittori e importanti personalità scrivessero i testi delle meditazioni.
L'appuntamento è alle 21.10 al Colosseo e in Mondovisione su RaiUno.


Via Crucis al Colosseo


Colosseo dall'alto



sabato 12 aprile 2014

Roma sparita: il Teatro Apollo

Ormai rimane solo una lapide, sul lungotevere Tor di Nona, a testimoniare l'esistenza del glorioso Teatro Apollo, uno dei più belli della Roma papale.
Venne costruito nel 1670, per volere di Cristina di Svezia, sullo scheletro del carcere Tor di Nona, dove centinaia di prigionieri, tra cui Benvenuto Cellini, avevano a lungo sofferto.
In principio il teatro, nonostante avesse ospitato numerosi spettacoli, non ebbe molta fortuna. Questo e la rigidità di Innocenzo XII ne favorirono nel 1697 la prima demolizione.
In compenso, Clemente XII ne ordinò la ricostruzione nel 1733, ma la sua vita fu breve perché un incendio lo distrusse completamente nel 1781.
Grazie alla famiglia Torlonia e al Valadier, che diede un'impronta neoclassica, il teatro tornò a splendere e toccò l'apice della fama, tanto da contendere al Teatro Argentina i favori dell'aristocrazia.
Ospitò grandi e famose opere come l'Anna Bolena di Donizetti, la Norma e i Puritani di Bellini
Nel 1889, per permettere la costruzione del Lungotevere e dei muraglioni, fu definitivamente demolito.
Diversi anni dopo la distruzione della struttura, si decise di porre la citata lapide in marmo per ricordarne i fasti. L'epigrafe ricorda come Giuseppe Verdi scelse proprio questo teatro per rappresentare, per la prima volta, due importanti opere: il Trovatore nel 1853 e Un ballo in maschera nel 1859.
Nei primi anni 30 del secolo scorso venne riaperto, nella vicina via degli Acquasparta, con il nome di Teatro Tordinona e divenne ben presto un luogo prediletto dal drammaturgo Luigi Pirandello, tanto da prenderne il nome per un breve periodo.


Epigrafe sul Teatro Apollo

Interni Teatro Apollo

Ritratto di Giuseppe Verdi

 


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