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venerdì 10 aprile 2015

Benvenuti nella Casa dei Mostri!

Passeggiando per le vie del centro storico, è possibile imbattersi in una singolare costruzione: palazzetto Zuccari, situato in piazza Trinità dei Monti, a pochi passi da via Sistina e via Gregoriana.
L'edificio, conosciuto anche come "Casa dei Mostri", deve la sua fama all'inquietante portone: una gigantesca bocca spalancata, con tanto di naso, occhi e sopracciglia; una bizzarra decorazione utilizzata anche per le due finestre laterali.
Artifice del progetto fu Federico Zuccari, proprietario di quel terreno, un tempo sede degli Horti Luculliani; il pittore decise infatti, nel 1592, di costruire il palazzo per farne un'Accademia delle Arti.
L'artista, esponente del Manierismo, realizzò molte delle decorazioni interne, tra cui lo splendido affresco di "Ercole al bivio tra il vizio e la virtù", presente nella sala degli Sposi.
Nel 1609 Zuccari morì e gli eredi vendettero la dimora alla famiglia Toscanella, che innalzò la struttura di ben due piani.
A inizi Settecento, la regina di Polonia Maria Casimira, nuova proprietaria del palazzo, apportò ulteriori modifiche: la costruzione del portico a sei colonne e di un piccolo teatro privato.
Il palazzo divenne così un fervido centro culturale, che ospitò personaggi illustri del calibro di Johann Joachim Winckelmann e Louis David.
Dopo una partentesi ottocentesca come istituto ecclesiastico, l'edificio venne acquistato, nel 1904, dalla collezionista tedesca Enrichetta Hertz, che ne conferì l'aspetto attuale.
La donna morì nel 1913 e lasciò la propria raccolta di quadri allo Stato italiano; la collezione di libri e la dimora furono donati, invece, alla Germania.
Il governo tedesco ne fece così un centro di studi, noto come Biblioteca Hertziana, specializzato in volumi di storia dell'arte; nel 1963 divenne proprietà del Max Planck Institut für Kulturgesichte.
Dal 2012 palazzetto Zuccari è di nuovo aperto al pubblico, dopo un lungo restauro interno diretto dall'architetto Juan Navarro Baldeweg.
Approfittatene per una visita, potrete così attraversare il portale infernale e ammirare una biblioteca dall'aspetto incredebilmente moderno e tecnologico.


Porta


Una delle due finestre laterali
 
Veduta facciata
 

"Ercole al bivio tra il vizio e la virtù" (affresco interno)


 

martedì 24 febbraio 2015

L'Arco di Giano tra luci e suggestioni

Da alcuni giorni l'Arco di Giano, a pochi passi dalle chiese di San Giorgio in Velabro e di Santa Maria in Cosmedin, è diventato il testimone delle meraviglie dell'antica Roma.
Tutto ciò grazie a "Populus", un'installazione visiva che proietta sulle pareti del monumento le immagini di famose opere ospitate in alcuni musei romani.
L'arco, costruito nel IV secolod.C., venne per molto tempo associato al tempio di Giano, ma questo non deve trarre in inganno. Il monumento non era un omaggio alla divinità, bensì l'antico ingresso al Foro Boario, uno dei cuori pulsanti della città.
Il termine latino "Ianus" è alla base di questo equivoco, visto il suo ulteriore significato di "passaggio coperto". Giano era, infatti, una divinità dai diversi ruoli, tra cui quello di protettore delle attività che avessero un inizio ed una fine.
Per associazione, egli era considerato anche il custode di tutti quei luoghi di passaggio, comprese le porte, dotati di un'entrata e un'uscita.
L'arco, sostenuto da quattro imponenti pilastri, appare oggi piuttosto spoglio. Grazie ad alcune ricostruzioni è possibile stabilire che le nicchie ospitassero delle statue e che le quattro porte fossero sormontate da sculture raffiguranti: la dea Roma, Giunone, Minerva e Cerere.
Nel periodo medioevale l'arco, oramai privo delle sue decorazioni, divenne la base di una torre fortificata di proprietà della famiglia Frangipane.
La fortificazione fu demolita solo nel 1830, ma venne erroneamente distrutta anche l'originale parte superiore.
L'installazione "Populus" vi dà appuntamento stasera, dalle ore 18 alle 24, per l'ultimo giorno.
Per gli assenti nessun problema, date un'occhiata all'album fotografico di C'è Roma e Roma!


Installazione
 
Installazione

Installazione
 


Installazione

Arco di Giano





mercoledì 4 febbraio 2015

Le donne di Galleria Sciarra e il trionfo del Liberty romano

Uno splendido angolo in stile Liberty, ecco cosa si nasconde in via Minghetti, a pochi passi da Fontana di Trevi e dallo storico teatro Quirino.
Si tratta di Galleria Sciarra, un tempo cortile dell'omonimo palazzo-museo situato in via del Corso, oggi utilizzata come passaggio pedonale.
La Galleria venne costruita tra il 1885 e il 1888, per volontà dell'imprenditore ed intellettuale Maffeo Sciarra, che incaricò della realizzazione l'architetto Giulio De Angelis.
Quest'ultimo progettò una struttura sviluppata su due piani, sorretta da colonne in ghisa e sormontata da una cupola quadrata, realizzata in ferro battuto e vetro.
Le decorazioni, realizzate dal pittore Giuseppe Cellini, si basarono su temi cari al Liberty: dai motivi floreali alle immagini femminili, quest'ultime tema portante del programma iconografico scelto.
Nel primo livello si assiste, infatti, all'apoteosi della "donna" borghese, qui ritratta nelle vesti di madre e moglie; a seguire, nella seconda fascia, la personificazione delle virtù femminili (tra le quali scorgiamo: Prudenza, Pazienza, Misericordia) rappresentate in scene di vita quotidiana.
Tematiche borghesi in contrasto con lo stile preraffaellita utilizzato e con le sue donne dai richiami mitologici. Cellini inserì, inoltre, decorazioni di matrice classica, dando così vita a una struttura in bilico tra moderno e antico.
La costruzione della Galleria coincise con la caduta degli ideali post unitari e l'avvento del Decadentismo in Italia.  Non a caso la struttura ospitò la sede della rivista letteraria "Cronaca bizantina", di proprietà dello stesso Sciarra e diretta da Gabriele D'Annunzio, uno degli esponenti più famosi del movimento.
Dopo anni di restauro, questo piccolo gioiello è finalmente tornato al suo splendore. Non perdete l'occasione per un omaggio alla bella époque romana.

Affreschi di Galleria Sciarra

Dettagli sul tema della "donna"


Cupola quadrata


Veduta Galleria


Ingresso



lunedì 13 ottobre 2014

Madama Lucrezia: una voce al femminile

C'è una donna tra le statue parlanti di Roma: Madama Lucrezia, esponente femminile della Congrega degli Arguti, che da secoli racconta con ironia i malumori della città.
La statua in questione è un busto romano del II sec d.C. alto 3 metri e posto su un basamento accanto alla basilica di San Marco, a pochi passi da piazza Venezia.
L'iconografia, in particolare il nodo dell'abito, permette di associare la figura alla colossale statua della dea Iside, situata probabilmente in Campo Marzio e spostata nella sua attuale sede solo nel 1500, per opera del cardinale Lorenzo Cybo.
La leggenda vuole che il nome derivi da Lucrezia D'Alagno, amante di re Alfonso V d'Aragona di Napoli, che si trasferì a Roma in seguito alla morte del sovrano e alla perdita di influenza nella corte.
Nel corso dei secoli la statua divenne protagonista della cosiddetta "cerimonia dei guitti", che si svolgeva in città ogni primo maggio.
Durante la festa, Madama Lucrezia veniva decorata con una corona di aglio e dei nastri; gli uomini "guitti", ossia artisti di strada, mendicanti e personaggi eccentrici, ballavano il "saltarello" (famosa danza popolare) con le più belle donne di Roma, presentandole prima alla statua.
Lucrezia si pronunciò con pochi ma significativi versi satirici. Uno dei più noti risale al 1799, anno della Repubblica Romana, quando il popolo inferocito gettò il busto dal piedistallo; il giorno dopo sulla sua schiena fu trovato questo cartello: "Non ne posso veder più", alludendo all'insofferenza verso la difficile situazione politica.
Un'ultima curiosità, secondo alcune teorie il famoso "piedone" di marmo, situato nella via omonima, apparterrebbe proprio alla nostra statua parlante. Lucrezia ha perso la scarpetta?

Madama Lucrezia
Piede di marmo
Il saltarello
 

lunedì 15 settembre 2014

La Cappella Sistina del Medioevo: l'Aula Gotica dei Santi Quattro

Nel rione Celio, a due passi dal centro storico, è possibile ammirare la “Cappella Sistina del Medioevo”.
Si tratta dell'Aula Gotica della Basilica dei Santi Quattro Coronati, edificio del IV secolo dedicato, secondo la tradizione, a quattro scultori cristiani condannati a morte da Diocleziano in seguito al rifiuto di scolpire degli idoli pagani.
La sala, situata al primo piano della Torre monasteriale, deve la sua fama agli splendidi affreschi duecenteschi scoperti nel 1996 dopo essere rimasti nascosti per secoli sotto uno strato di pittura.
Questa decorazioni, aventi come tema comune “il conflitto tra Chiesa e Impero”, furono realizzate tra il 1246 e il 1255 con probabilità su commissione del cardinale Stefano dei Conti di Segni, nipote di Papa Innocenzo III e canonico della cattedrale di Notre Dame a Parigi (da qui la passione per lo stile gotico), che dal 1244 visse in quell’edificio.
La realizzazione degli affreschi, divisi in due campate, è attribuita al Terzo Maestro Di Anagni, artista ignoto dalla forte espressività e autore delle decorazioni  nel Duomo di Anagni.
Un’altra teoria vuole che l’autore sia Jacopo Torritti, pittore della cosiddetta “scuola romana” del XIII secolo.
Le figure rappresentante sono svariate. Partendo dalla campata meridionale è possibile scorgere: i dodici mesi dell’anno, le arti, le stagioni, i venti;  nella parte settentrionale sono invece visibili: re Salomone (esempio di giustizia e di raccordo tra Antico e Nuovo Testamento), a cui seguono figure testamentarie e rappresentanti degli ordini mendicanti.
Tali immagini rafforzano l’ipotesi che la sala fosse utilizzata in origine come aula di giustizia, in seguito, durante la peste del Cinquecento, ricoperta da pittura per poi diventare guardaroba e stireria del convento.
Per ammirare dal vivo l’Aula gotica è necessaria la prenotazione. Dal 15 settembre sarà possibile iscriversi per le visite del 18 e 19 novembre.

Per ulteriori informazioni su orari e costi visitare il sito http://www.aulagoticasantiquattrocoronati.it/

Affreschi dell'Aula Gotica

Particolare: Costantino sogna i santi Pietro e Paolo

Basilica dei Santi Quattro

martedì 5 agosto 2014

La nevicata del 5 agosto

Fiocchi di neve in estate? Se siete a Roma può accadere anche questo! 
Ogni 5 agosto la piazza antistante Santa Maria Maggiore, una delle quattro basiliche papali della città, è protagonista di una suggestiva nevicata.
Lo spettacolo, grazie a luci e macchine artificiali, vuole celebrare il "miracolo della Madonna della Neve".
La tradizione narra che nella notte tra il 4 e il 5 agosto 352 d.C., la Vergine Maria apparve contemporaneamente in sogno a Giovanni, un nobile romano e a Papa Liberio, pregando di costruire un edificio di culto a lei dedicato. Un miracoloso evento avrebbe permesso ai due di individuare il luogo idoneo per la realizzazione.
Il prodigio si verificò, una straordinaria nevicata avvolse il colle Esquilino e il Papa ordinò di costruire proprio lì la futura basilica, grazie al contributo economico del nobile.
Storicamente parlando, l’edificio venne però fatto erigere da Papa Sisto III nel 432 d.C., stando alle fonti, proprio sulla leggendaria chiesa voluta dalla Vergine.
Diverse sono state le modifiche apportate alla struttura nel corso dei secoli; la basilica che ammiriamo oggi è infatti il frutto di una commistione di epoche e stili.
Tra le meraviglie architettoniche interne, merita di essere menzionata la “cappella Paolina”, parte integrante della tradizione della Madonna della Neve.
L'opera, commissionata nel 1605 da Papa Paolo V Borghese a Flaminio Ponzio, ospita ogni
5 agosto, prima dello spettacolo in piazza, una pioggia di petali bianchi, che dalla cupola cadono al suo interno. La scelta di questa cappella è significativa poiché custodisce la miracolosa icona bizantina della “Salus Populi Romani” (letteralmente: salvezza del popolo romano) , per tradizione attribuita a san Luca e raffigurante la Madonna con Bambino.
Per cittadini e turisti l'appuntamento è stasera alle ore 20.30 in piazza Santa Maria Maggiore.
 
Nevicata di agosto

Basilica di Santa Maria Maggiore

 
 

venerdì 25 luglio 2014

Se Pasquino chiama, Marforio risponde!

Prosegue lo spazio dedicato alle sei statue parlanti della città, conosciute anche come la "Congrega degli Arguti", su cui i cittadini erano soliti affiggere messaggi anonimi e satirici contro i regnanti.  
Compagno di chiacchiere del nostro famoso Pasquino è senz'altro Marforio
Si tratta di una scultura marmorea del I sec a.C, oggi nel cortile del Palazzo Nuovo ai Musei Capitolini, raffigurante un possente uomo adagiato su un fianco, con barba, veste e una conchiglia in mano.
L’iconografia in questione permette di associarlo al dio Nettuno o ad una personificazione del Tevere.
La statua si trovava nel Foro di Augusto, proprio vicino all’Arco di Settimio Severo, e faceva parte di una grande vasca circolare caratterizzata dalla scritta "mare in foro". 
Proprio da questa iscrizione potrebbe derivare il nome Marforio, una possibile corruzione del termine latino "Martis Forum" (vista la sua vicinanza al Foro di Marte), o un riferimento alla famiglia Marfoli (per alcuni Marfuoli) che abitava nella zona del Carcere Mamertino.
Nel 1588 Papà Sisto V ordinò di spostare la statua e Giacomo della Porta decise di inserirla nel suo progetto per la costruzione di una fontana in piazza San Marco; in seguito, nel XVII secolo, la scultura divenne parte integrante del cortile ad esedra di Palazzo Nuovo in Campidoglio, sua attuale sede.
La vasca, invece, venne utilizzata come abbeveratoio per il bestiame sino al 1816, quando fu trasferita sotto le statue dei Dioscuri a palazzo del Quirinale.
Memorabile rimane lo scambio di battute tra Marforio e Pasquino su Napoleone, accusato di portare in Francia i tesori della cultura italiana. Per l'occasione intorno al collo di Marforio venne appeso questo cartello: "È vero che i francesi so' tutti ladri?", la statua di Pasquino rispose: " Tutti no, ma Bona Parte!". 
Per gli amanti del cinema, Marforio è tornato alla ribalta di recente grazie alla locandina internazionale della "Grande Bellezza", film Oscar di Paolo Sorrentino. L'immagine, frutto di un geniale fotomontaggio, mostra l'imponente statua parlante alle spalle di un annoiato Jep Gambardella, vestito da perfetto dandy. Cosa si diranno?

Marforio (Palazzo Nuovo)

Locandina internazionale de "La Grande Bellezza"
 

mercoledì 2 luglio 2014

Circo Massimo

Dalle bighe ai Rolling Stones. Mai come in queste ultime settimane Circo Massimo è stato protagonista della città.
Un esteso prato dalla forma ellittica, ecco cosa rimane di uno dei siti archeologici più famosi al mondo. Lasciamo spazio all’immaginazione e cerchiamo di ripercorrerne le origini.
L’area, dalle impressionanti dimensioni (oltre 600x200 metri), nasce come una struttura destinata ai giochi per l’intrattenimento del popolo, in grado di ospitare più di 300 mila persone.
Secondo la leggenda la valle sarebbe stata protagonista del famoso episodio del “Ratto delle Sabine”, narrato dallo scrittore Tito Livio.
Romolo, mitico fondatore della città, decise di organizzare una grande cerimonia nello spazio in cui oggi sorge il Circo Massimo e di invitare i Sabini, antico popolo del centro Italia, insediato nella zona dell’attuale Rieti, e le loro donne.
Nel corso dell’evento i Romani rapirono quest’ultime, per procreare e aumentare la popolazione della città, scatenando l’ira dei Sabini che dichiararono guerra a Roma.
Le donne, che avevano intanto ricevuto diritti civili e proprietà, si opposero a questa lotta, scendendo in campo di battaglia e costringendo i due popoli alla pace.
Le origini storiche del sito archeologico riconducono, invece, a Tarquinio Prisco , quinto re di Roma originario dell’Etruria, che regnò per trentotto anni (dal 616 al 579 a.C.). Fu il sovrano ad ordinare una bonifica della valle Murcia, così denominata in onore del nume tutelare, che si estendeva tra i colli Palatino e Aventino.
Il re etrusco organizzò qui i primi giochi dei Ludi Magni dedicati a Giove Capitolino.
Nel II sec a.C. Giulio Cesare diede un aspetto definitivo alla struttura, facendo costruire  un edificio e dei sedili in muratura. Negli anni successivi l’imperatore Augusto apportò delle modifiche, in seguito ad un incendio, e vi fece erigere l’obelisco di Ramses III, oggi in piazza del Popolo.
Non da meno fu Costanzo II  che nel 357 d.C. vi trasferì l'obelisco di Tutmes III, attualmente visibile in piazza San Giovanni in Laterano (ndr. C’è Roma e Roma ha pubblicato un post sull’argomento).
Vari interventi si susseguirono sotto gli imperatori Tiberio Nerone e Tito, che nell’81 d.C. inserì un arco. Gran parte dei resti oggi visibili risalgono però a Domiziano e Traiano nel II sec d.C.
Circo Massimo venne utilizzato per le gare sino al 549.
In particolare dell'età traianea possiamo ammirare ancora l'edificio sotto il Palatino, i fornici e le scale per i piani superiori.
Durante il Medioevo l'area fu di proprietà della famiglia Frangipane e oggi rimane a testimonianza una torre definita della "moletta", in quanto  si trovava accanto ad un "mulino" che traeva acqua dal fosso di San Giovanni, ottenuto grazie ad una canalizzazione diretta dal fiume Aniene.
Nel 1223, secondo la tradizione, proprio in questa torre Iacopa dei Normanni, vedova di Graziano Frangipane, ospitò san Francesco d'Assisi nel suo soggiorno a Roma.
La torre doveva far parte di un complesso fortificato di cui oggi purtroppo non rimangono tracce; gli edifici vennero infatti distrutti nel 1943 per un progetto mai realizzato.



Edificio sotto il Palatino

Incisione del Cinquecento

Torre della Moletta

Veduta Circo Massimo

The Rolling Stones a Circo Massimo (copyright Elena Greco)

The Rolling Stones a Circo Massimo (copyright Elena Greco)

The Rolling Stones a Circo Massimo (copyright Elena Greco)

The Rolling Stones a Circo Massimo (copyright Elena Greco)


 

domenica 15 giugno 2014

Le statue parlanti: Pasquino

Roma è spettatrice di un dialogo silenzioso che dura da secoli. Passeggiando per le vie e gli angoli della città è facile imbattersi nelle "statue parlanti", simbolo di un'ironia tutta romana.
Si tratta di una serie di opere antiche, per la tradizione sei, definite anche la "Congrega degli Arguti", su cui i cittadini romani, fin dal XVI secolo, affiggevano dei messaggi anonimi e satirici contro i regnanti.
Pasquino è forse la più nota di esse. Rimane ben poco oggi di questa opera del I secolo d.C. (copia romana di un originale in bronzo greco del III sec a.C.): il volto quasi indistinguibile, braccia e gambe assenti, la bizzarra presenza di un secondo busto.
Grazie ad alcune incisioni del XVI secolo si è capito che la statua raffigurava due corpi, probabilmente una versione di "Menelao che sorregge Patroclo morente", ed era una delle decorazioni dello Stadio di Domiziano che si trovava nell'attuale piazza Navona.
L'opera venne ritrovata nel 1501 proprio nell'omonima piazza in cui oggi si trova, durante i lavori di ristrutturazione dell'adiacente palazzo Braschi, attualmente sede del Museo di Roma.
Fu il cardinale Oliviero Carafa, responsabile dei lavori, a salvare la statua dalla distruzione e ad applicarvi il proprio stemma di famiglia.
In breve tempo il nome "Pasquino" divenne famoso. Varie sono le ipotesi sull'origine del suo nome: alcuni pensano derivi dal nome di un artigiano che lavorava nella zona nel '500 noto per la sua bravura nel comporre versi satirici; altri lo associano ad un personaggio di una novella del Boccaccio.
Una delle storie più bizzarre vuole che un gruppo di studenti di una vicina scuola chiamò la statua come il loro maestro, vista la strana somiglianza.
A Roma era già una pratica abituale scrivere nella notte cartelli satirici contro il potere e i suoi abusi; con probabilità Pasquino iniziò quasi per caso ad essere usato come messaggero dei malumori del popolo attraverso le sue "pasquinate", versi taglienti indirizzati a personaggi dell'epoca, papi e nobili in primis, messi alla berlina per i loro comportamenti.
Molti tentarono di far tacere questa scomoda statua parlante, da papa Adriano VI che ordinò di gettarla nel Tevere, sino a Benedetto XIII che ad inizi '700, tramite un editto, minacciò di pena di morte chiunque avesse osato affiggere versi satirici su Pasquino.
Non bastarono leggi o guardie notturne per fermare la sua voce.
La tradizione ebbe una battuta di arresto solo dopo la Breccia di Porta Pia nel 1870, quando le dinamiche politiche cambiarono e molti poeti sferzanti "in carne ed ossa" si affacciarono sulla scena, basti pensare al Trilussa.
Pasquino riemerse dal suo silenzio nel 1938, quando in occasione della visita di Hitler a Roma così si pronunciò:
"Povera Roma mia de travertino! / T'hanno vestita tutta de cartone / pè fatte rimirà da 'n'imbianchino venuto da padrone!"
Sottoposto a restauro negli ultimi anni, oggi Pasquino parla con moderazione e a volte è addirittura muto, ci si chiede se per salvaguardia del monumento o altro.
Rimane la leggenda e una voce nella notte silenziosa.


Statua di Pasquino

Aspetto originario da incisione

Pasquinata in ricordo di Alberto Sordi

 

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giovedì 29 maggio 2014

La fontana delle Tartarughe

A due passi dal Lungotevere, nascosta tra i vicoli del centro storico, è possibile ammirare la fontana delle Tartarughe, un piccolo gioiello di Roma.
Situata in piazza Mattei, dal nome della potente famiglia a cui apparteneva il palazzo che lì si affaccia, la Fontana venne costruita nel 1581 dallo scultore Taddeo Landini, su progetto dell’architetto Giacomo Della Porta.
La struttura subì diverse variazioni in corso d’opera, il disegno originario prevedeva quattro efebi e otto delfini in marmo; si optò invece per una realizzazione in bronzo e vennero eliminati quattro delfini, attualmente visibili nella fontana di piazza della Chiesa Nuova.
Oggi possiamo, dunque, osservare, nella parte inferiore, un basamento in marmo impreziosito da quattro conchiglie. Nella parte superiore, i quattro efebi, poggiati sui delfini, sostengono un’altra vasca, decorata da volti di putti, spingendo le piccole tartarughe a bervi.
La leggenda vuole che un duca della famiglia Mattei, noto giocatore d’azzardo, perse tutto il suo patrimonio in una sola notte. La notizia giunse alle orecchie del padre della ragazza amata che rifiutò di concedergli la mano della figlia; il duca, sdegnato dall’affronto, decise di dimostrare il suo valore, affermando che in una notte, lo stesso tempo in cui era riuscito a perdere tutti i suoi beni, avrebbe costruito qualcosa di eccezionale.
Il giorno successivo, padre e figlia furono convocati a palazzo dal duca, che, aprendo la finestra, mostrò la splendida fontana fatta erigere proprio al centro della piazza. 
I due giovani riuscirono a sposarsi e da quel momento in poi la finestra del palazzo, da cui è visibile la Fontana, venne murata in ricordo dell’evento.
Non perdete l’occasione per una visita al vicino quartiere ebraico, tra i più antichi del mondo, ricco di storia e tradizione. Dopo una passeggiata tra i suoi caratteristici vicoli, ritagliatevi il tempo per gustare alcune delle specialità tipiche della cucina giudaico romana. Uno dei piatti più gustosi è sicuramente il "carciofo alla giudia".
C'è Roma e Roma vi dà la ricetta, pronti per un'anticipazione?

                                               Ricetta del carciofo alla giudia
 
Utilizzare  il "mammola", carciofo romano per eccellenza, noto per la sua tenerezza.
Pulire bene i carciofi (eliminare le foglie esterne più verdi e dure dei carciofi fino ad arrivare a quelle interne più morbide) e lasciarli in un recipiente con acqua e limone per una decina di minuti.
Dividere a metà i carciofi verticalmente.
Scaldare un'abbondante quantità di olio in una padella larga ed immergere i carciofi due alla volta   lasciandoli galleggiare.
Togliere i carciofi dopo 20 minuti circa e aprire, con attenzione, le foglie a corolla.
Porli di nuovo, a gambo in su, nella padella e, a fiamma fortissima, friggere per un paio di minuti fino a quando diventano di un bel colore dorato.
Farli sgocciolare su uno scolapasta e servili ben caldi, conditi con sale.


Fontana delle Tartarughe

Particolari efebo © Domenico Casamassima 

Particolari tartarughe

Carciofo alla giudia
 
 

lunedì 19 maggio 2014

Un obelisco a due passi dal Colosseo!

Prosegue il viaggio sulle tracce della cultura egizia in città. Oggi visitiamo il famoso Obelisco di piazza San Giovanni in Laterano, uno dei tredici che costellano Roma.
In granito rosso e a pochi minuti dal Colosseo, svetta dai suoi 32,18 metri, che ne fanno addirittura l'obelisco monolitico più alto del mondo.
I geroglifici e le scritte in marmo laterali, ci raccontano la sua origine. L'opera venne realizzata nel XV secolo a.C per volontà del faraone Tutmosis III , con lo scopo di adornare il cortile del Grande Tempio di Ammone a Karnak, una piccola città vicino Luxor.
Fu il successore Tutmosis IV a far erigere e decorare l'opera con geroglifici su gran parte della sua superficie.
Proprio il tempio di provenienza e le scene di culto incise permettono di collegare l'obelisco al culto di Amon-Ra, dio Sole egizio.

Nei secoli successivi, stando alle cronache dell'epoca, molti personaggi illustri cercarono di trasportare il monumento a Roma. Il primo a concepire questa idea fu l'imperatore Augusto, ma le mastodontiche dimensioni della costruzione bloccarono l'operazione.
Secoli dopo, Costantino tentò di nuovo il trasporto, ma alla sua morte il progetto venne interrotto e ripreso solo nel 357 d.C., quando il figlio Costanzo II riuscì a far giungere l'obelisco a Roma, ordinando di erigerlo al centro del Circo Massimo.
Sino al Medioevo l'obelisco rimase lì, vittima della noncuranza, tanto da subire un crollo che ne portò ad uno smembramento in tre pezzi. Solo nel 1587, alcuni scavi permisero il suo ritrovamento e la successiva ricostruzione.
Papa Sisto V lo fece collocare nell'attuale piazza San Giovanni in Laterano, su un basamento opera dell'architetto Domenico Fontana, come ricorda la scritta incisa sul marmo.
L'obelisco è oggi circondato da edifici di notevole rilievo artistico, quali la Loggia delle Benedizioni di Sisto V, il Palazzo Lateranense, famoso per essere stato l'antica residenza dei papi e il Battistero.
Nella piazza di Porta San Giovanni, alle spalle di quest'area, è invece possibile ammirare la facciata della Basilica di San Giovanni in Laterano e i suoi giardini, sede storica di importanti eventi religiosi politici e culturali.


Obelisco lateranense

 Dettaglio geroglifici ed iscrizioni

Veduta di piazza San Giovanni in Laterano



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sabato 10 maggio 2014

La Casa dei Crescenzi

A due passi dalla Bocca della Verità, proprio accanto al palazzo dell'Anagrafe, è possibile ammirare un raro esempio di dimora patrizia del Medioevo.
Su via Petroselli possiamo infatti osservare ciò che rimane della casa che appartenne alla nobile e antica famiglia dei Crescenzi.
La dimora, costruita tra il 1040 -1065 per volere di Niccolò Crescenzi, aveva la forma di una torre quadrata e fungeva sia da casa che da fortezza nello stesso tempo. Trovandosi a sud dell'isola Tiberina e di fronte a quello che oggi conosciamo come ponte Rotto, ciò permetteva alla famiglia di dominarne l'accesso e far pagare il pedaggio a chi doveva attraversare il fiume.
In origine l'edificio era strutturato su due livelli, di cui oggi rimangono pianoterra e parte del piano superiore, e nelle sue mura sono presenti diversi elementi architettonici (capitelli, colonne, cornicioni, diversi mattoni) a testimonianza delle varie fasi di ristrutturazione.
La torre crollò nel 1312 a causa di un attacco del popolo, guidato da Giacomo Arlotto degli Stefaneschi.
Nel Medioevo il palazzo venne soprannominato "Casa di Pilato" visto che in occasione delle sacre rappresentazioni della Passione di Cristo era adibita a sede del suo Pretorio.
Prima della ristrutturazione ottocentesca, per lungo tempo la costruzione cadde nel dimenticatoio e venne utilizzata come fienile. Dal 1939 ospita il Centro degli studi per la Storia dell'architettura, nel quale vengono custoditi preziosi documenti sulla storia dell'architettura e dell'urbanistica.

La casa dei Crescenzi


Dettagli casa

Decori architettonici



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venerdì 25 aprile 2014

Una piramide nel cuore di Roma

Nel caratteristico quartiere Ostiense, adiacente al Cimitero Acattolico, svetta la famosa Piramide Cestia, risalente al I sec a.C. Si tratta di un vero e proprio monumento funerario, unico esemplare rimasto in città a testimonianza dell'influenza che la civiltà egizia, in seguito all'annessione come provincia nel 30 a.C., ebbe sulla cultura romana.
La struttura in calcestruzzo misura un'altezza di circa 36,40 metri e come spiega l'iscrizione, presente sul lato est, venne costruita in appena 330 giorni per volere di Gaio Cestio Epulione, che espresse nel proprio testamento il desiderio di avere un sepolcro di tale forma.
L'uomo era un conosciuto tribuno della plebesettemviro degli epuloni, ossia membro di uno degli ordini religiosi più importanti di Roma, costituito da sette uomini con il compito di organizzare pubblici banchetti e giochi durante alcune feste religiose.
La camera sepolcrale interna, caratterizzata da una volta a botte, fu murata subito dopo la sepoltura, ma con grande probabilità venne riaperta e violata per la prima volta nel Medioevo, portando ad una perdita definitiva dell'urna cineraria e di una parte di affreschi.
Le decorazioni interne superiori, oramai poco visibili, rappresentano delle ninfe e agli angoli quattro Vittorie alate; la parte inferiore ritrae invece figure di donne con offerte votive in mano.
Nel 271 d.C. la Piramide venne inglobata all'interno delle Mura Aureliane e da fine XIV secolo diversi intellettuali, tra cui Francesco Petrarca, la associarono al sepolcro di Remo, fratello del mitico fondatore della città. In seguito, varie sono le vicende che segnarono il monumento: da chiesa, mai realizzata, su progetto del Borromini, a ipotetica collocazione per il primo parafulmine a fine XVIII secolo.
Una piccola curiosità, ai confini con il monumento, facilmente riconoscibile da piazzale Ostienese, sorge la più antica colonia felina di Roma "i gatti della Piramide". La storica struttura tutela e permette l'adozione di amici a quattro zampe abbandonati che vivono proprio lì, all'ombra della misteriosa Piramide.


Orari di apertura Piramide
È possibile visitare il monumento solo con prenotazione.
Per info e prenotazioni: (+39) 06 39967700, (+39) 06 5743193
 
Orario colonia felina
Tutti i giorni dalle ore 14.00 alle 16.00.

 

Piramide Cestia

Interni Piramide


Gatto all'ombra della Piramide

Gatti della Piramide



lunedì 21 aprile 2014

Tanti Auguri Roma!

Oggi 21 aprile si festeggia il "Natale di Roma", giorno in cui, secondo lo storico Varrone, Romolo tracciò il primo perimetro della città. L'evento risale al 753 a.C. ed ebbe come scenario il colle Palatino. La tradizione vuole che i Romani decisero di conteggiare gli anni a partire da questa data, utilizzando la formula latina "Ab Urbe condita", ossia "dalla fondazione di Roma".
In antichità questo evento era strettamente collegato alle feste agricole dei "Palilia", precedenti alla Fondazione e dedicate a Pales o Pale, arcana divinità protettrice del bestiame.
In origine la cerimonia si teneva proprio il 21 aprile, per i Romani giorno del risveglio della primavera. Per lungo tempo questa festa fu dimenticata e tornò in voga solo grazie all'imperatore Augusto, che la associò alla nascita della città, avvenuta nella stessa data.
Durante i Palilia i pastori iniziavano il rito purificando il bestiame con ramoscelli bagnati di acqua e bruciando varie erbe, tra cui il rosmarino. Venivano offerte alla divinità focacce e la burranica, una bevanda composta da latte e mosto.
In serata avveniva la cosiddetta accensione dei "fuochi di paglia", che i pastori provavano ad oltrepassare con un'asta. La preghiera sacra delle Vestali chiudeva la giornata.
Dopo molti secoli di silenzio, la festa per la Fondazione cittadina tornò nel 1870, anno dell'annessione al Regno d'Italia e nel 1902 venne organizzato, per la prima volta, una maestoso corteo storico con personaggi in costume dell'antica Roma.
Tornando ai nostri giorni, diversi sono gli eventi per ricordare la nascita della città, fra cui l'ingresso gratuito in diversi musei della Capitale ed ovviamente la storica parata!
Ancora tanti auguri Roma!

Parata storica
Partenza da Circo Massimo ore 11.30 (previsto il passaggio per via dei Fori Imperiali tra le 12 e 12.45 circa).

Musei ad ingresso libero
Centrale Montemartini, Museo dell'Ara Pacis, Museo Barracco, Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale, Museo Canonica, Museo della Memoria Garibaldina, Museo delle Mura, Villa di Massenzio, Museo Civico di Zoologia, MACRO Testaccio.

Previsto il pagamento dell'integrazione mostre nei seguenti musei dove sono allestite mostre temporanee:

Musei Capitolini: integrazione euro 3,50; ridottissimo euro 2,00
Musei di Villa Torlonia - Casino Nobile: integrazione euro 2,50
Mercati di Traiano: integrazione euro 1,50
Museo Carlo Bilotti: integrazione euro 1,50
Museo Napoleonico: integrazione  euro 1,50
Museo di Roma: integrazione euro 1,50
MACRO (via Nizza): integrazione euro 4,00



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I sette colli di Roma


Romolo e Remo con la Lupa
 
Parata in costume