La Grande Bellezza del regista Paolo Sorrentino, fresco vincitore del premio Oscar, è stata in grado di dividere gli spettatori,
ma di regalare una Roma protagonista indiscussa. Una delle scene più suggestive
del film è ambientata sul colle Aventino e ha il sapore di una fiaba. Qui il duo
Servillo-Ferilli, alias Jep- Ramona, inizia una passeggiata notturna accompagnato da
Giorgio Pasotti, custode dei palazzi delle “principesse”. I tre guardano
attraverso la serratura di un portone e vedono magicamente la cupola di San Pietro. Si
tratta del famoso ingresso alla Villa del Priorato dei Cavalieri di Malta,
ristrutturato nel 1765 da Giovanni Battista Piranesi, che creò uno degli esempi
di Rococò più interessanti di Roma. L’edificio interno e i suoi giardini ebbero
nei secoli un iter piuttosto travagliato, da dimora dei templari a sede dell’omonimo
priorato.
Ma non lasciatevi ingannare, le principesse sono altrove, precisamente a Palazzo Barberini e a Palazzo Spada,
attualmente sedi di due musei della Capitale. In particolare il primo,
Galleria Nazionale di Arte Antica, ospita il famoso dipinto La Fornarina di
Raffaello, osservatrice silenziosa della passeggiata notturna dello strano trio.
Tutte le porte si spalancano al loro passaggio, tesori segreti fanno capolino al lume di candela del bizzarro traghettatore; mentre le principesse sono sempre lì: vecchie giocatrici di carte, in un salone modesto, immobili e quasi un tutt’uno con la tappezzeria. Decadenti, simbolo di una Roma disincantata ed ignava. Quello "squallore disgraziato e miserabile", sotto il quale emergono attimi di intensa bellezza, nascosti e messi a tacere, come spiega il protagonista sul finale.
Amata, odiata, la città avanza sorniona inquadratura dopo inquadratura. Una creatura magnifica e crudele, ma non da cartolina. Roma è di chi sa raccontarla, immergersi nei suoi silenzi e distaccarsi al momento giusto, un attimo prima di esserne travolti.
Tutte le porte si spalancano al loro passaggio, tesori segreti fanno capolino al lume di candela del bizzarro traghettatore; mentre le principesse sono sempre lì: vecchie giocatrici di carte, in un salone modesto, immobili e quasi un tutt’uno con la tappezzeria. Decadenti, simbolo di una Roma disincantata ed ignava. Quello "squallore disgraziato e miserabile", sotto il quale emergono attimi di intensa bellezza, nascosti e messi a tacere, come spiega il protagonista sul finale.
Amata, odiata, la città avanza sorniona inquadratura dopo inquadratura. Una creatura magnifica e crudele, ma non da cartolina. Roma è di chi sa raccontarla, immergersi nei suoi silenzi e distaccarsi al momento giusto, un attimo prima di esserne travolti.
Serratura della Villa del Priorato |
Ingresso della Villa del Priorato |
Palazzo Barberini |
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