lunedì 31 marzo 2014

La gatta egizia e il tesoro nascosto

Nel centro di Roma si aggira un felino particolare. Sembra muoversi sinuoso sulla prima cornice del palazzo della nobile famiglia Grazioli, situato nella piazza omonima, tra il Collegio Romano e via del Plebiscito.
Si tratta di una statua rappresentante una gatta bianca che gira la testa, come per guardarsi le spalle, prima di continuare l'acrobatica passeggiata sul cornicione.
Il progetto del palazzo risale al XVI secolo, ad opera di Giacomo Della Porta, ma secondo la tradizione la statua era lassù sin dai tempi dell'Antica Roma.
La gatta proviene in realtà dall'Egitto e faceva parte del Tempio di Iside, che nel I sec a.C. si estendeva sull'area oggi occupata da una parte della Chiesa di Sant'Ignazio, da una parte del Collegio Romano e dalla via senza uscita dedicata al Beato Angelico.
In particolare il culto di Iside offrì a molte matrone romane il pretesto per darsi ad amori clandestini e illeciti.
Nel vicino Tempio di Serapide c'era una colossale statua di questa dea, alla quale forse apparteneva il piedone in marmo che ha dato il nome a via Pié di marmo e che dal 1878 venne spostato nella parallela via Santo Stefano del Cacco.
La leggenda vuole che lo sguardo del misterioso felino voglia indicare ai passanti il punto esatto in cui è nascosto un tesoro. Pronti a scavare?



La gatta
Il piè di marmo

Facciata posteriore Palazzo Grazioli
 



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venerdì 28 marzo 2014

La casa del Burcardo e le origini di largo Argentina

Il largo che i romani hanno sempre chiamato brevemente "l'Argentina" non ha niente a che vedere con l'omonimo Stato sudamericano.
In verità il nome esatto è "largo di Torre Argentina", la cui torre è legata al ricordo di una zona del mondo completamente diversa: Strasburgo, che in latino si chiamava Argentoratum.
Nel 1481 dalla sua diocesi alsaziana venne a Roma, Giovanni Burckhardt, che poco dopo comprò, per 4500 ducati d'oro, la carica di cerimoniere pontificio.
Il prelato tedesco si rifece ben presto della spesa e nel 1503 fece costruire un vero e proprio palazzetto, la cui facciata è oggi in via del Sudario n. 44, incorporandovi una torre preesistente, che battezzò appunto con il nome latino del suo paese.
Purtroppo non riuscì a godere a lungo di questo bene perché morì nel 1505.
L'edificio venne così ereditato della famiglia dei Cesarini e lasciato in stato di completo abbandono, tanto che a fine XIX secolo una parte della struttura fu demolita e la torre privata della sua vetta. Nel 1882 il comune di Roma acquistò il palazzetto e lo sottopose ad un primo restauro che riportò alla luce parte del secondo piano e il cortile interno.
Oggi la casa del "Burcardo" ospita il Museo teatrale SIAE, che custodisce maschere del teatro greco, latino e italiano, marionette del 1700 e del 1800, stampe, manifesti, più di 5000 fotografie e i costumi di celebri attori.


Entrata della Casa del Burcardo
Dettagli Casa del Burcardo



Largo di torre Argentina
le rovine dei Templi repubblicani


 


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martedì 25 marzo 2014

La chiesa più piccola di Roma e i suoi tesori

Nel rione Trevi c'è un piccolo gioiello che sfugge allo sguardo dei passanti, nascosto in un vicolo nei pressi di via San Marcello. Si tratta della Chiesa della Madonna dell'Archetto.
L'edificio neo-rinascimentale, dagli eleganti marmi, venne progettato nel XIX secolo dall'architetto Virginio Vespignani, che ricevette l'incarico dai Savorelli Papazzurri. La nobile famiglia trasformò per l'occasione l'assetto circostante, ordinando di chiudere il vicolo per costruire l'opera.
Una targa posta all'ingresso ricorda proprio il giorno dell'inaugurazione che avvenne il 31 maggio 1851.
La vera sorpresa è all'interno. L'altare della chiesetta custodisce infatti un'immagine della Vergine, decorata con preziosi ornamenti e realizzata nel 1690 da Domenico Muratori. La tradizione racconta che la Madonna mosse gli occhi e pianse durante l'invasione francese del 1796. Da quel momento in poi essa divenne oggetto di venerazione, tanto da venir posta sotto l'arco del vicolo per essere omaggiata, prima della costruzione della chiesa attuale.
Da non perdere la serie di affreschi del pittore Costantino Brumidi, famoso per aver realizzato la cupola del Campidoglio di Washington.



Interni della chiesa




Ingresso nascosto

Madonna dell'Archetto


sabato 22 marzo 2014

Citofonare Bonaparte!

Girando per il centro di Roma, vi sarà caduto lo sguardo su una loggia coperta e rivestita di imposte verdi, al primo piano di un palazzo all'angolo di piazza Venezia con via del Corso. È il cosiddetto mignano di Madama Letizia.
Ne sono rimasti pochi a Roma e hanno preso il nome dai "maeniana", gallerie coperte che per primo fece costruire Caio Menio sui portici del Foro.
In particolare questo è stato testimone della triste storia della madre di Napoleone, Maria Letizia Ramolino Bonaparte.
La donna, dopo aver perso la speranza di raggiungere il figlio a Sant'Elena, nel 1815 cercò rifugio a Roma presso la casa del fratellastro, il cardinale Fesch, dove rimase per circa tre anni, tentando di trovare sollievo dai suoi dolori.
In seguito, per circa 27 mila piastre, decise di acquistare il palazzo di piazza Venezia, che da lei prese il nome di Bonaparte.
Dal 1818 al 1836 Maria Letizia abitò al piano nobile, in un appartamento di nove saloni. La tradizione vuole che amasse osservare, nascosta dietro le imposte, lo scorrere delle carrozze e delle persone che frequentavano la piazza.
Alla sua morte, le esequie si svolsero nella Chiesa di Santa Maria in Via Lata al Corso, ma le fu proibita la sepoltura a Roma e ora riposa ad Ajaccio nella cappella dei Bonaparte.


Il mignano di Madama Letizia 
 


mercoledì 19 marzo 2014

La porta magica e la misteriosa formula dell'oro

Nel cuore del vivace quartiere Esquilino, tra ristoranti etnici e negozi di spezie, c'è una vera Porta Magica. Situata all'interno dei giardini di piazza Vittorio, è una delle ultime testimonianze della villa seicentesca del marchese Massimiliano Palombara. La struttura, il cui ingresso sorgeva sull'odierna via Carlo Alberto, fu demolita per la costruzione della piazza e del rione.
La villa era dotata di un giardino segreto in cui si ergeva la porta, che ora appare custodita da due statue di Bes, dio egizio in grado di scacciare gli spiriti maligni.
Sul frontone, gli stipiti, l'architrave sono incise strane espressioni in latino, con riferimenti a discipline come l'astrologia, la mitologia e la religione. Si dice riguardino una formula per la fabbricazione dell'oro.
Massimiliano era amico di astrologi e alchimisti e tra di loro figurava un misterioso personaggio che avrebbe chiesto al marchese ospitalità per creare una pietra filosofale in grado di trasformare in oro i vari metalli. Egli sparì improvvisamente, lasciando come testimonianza la sua formula segreta incisa sulla porta, che nessuno riuscì mai a decifrare.
Perciò andate a vederla, prendete appunti e... Buona fortuna!

Porta Magica







martedì 18 marzo 2014

Er nasone tra smartphone e nostalgia

I nasoni, per i non romani “fontanelle pubbliche”, restano uno dei simboli della città per eccellenza. Amati e riscoperti, sono oramai al passo con i tempi, tanto da farne apposite mappe, siti web, App per smartphone o iPhone in grado di localizzarli.
Nati nel 1874, su iniziativa del primo sindaco Luigi Pinciani, diventarono ben presto parte integrante dell’assetto urbano, garantendo acqua gratuita per tutti. Il primo modello era caratterizzato da tre cannelle a forma di drago e oggi ne rimangono pochi esemplari, uno di questi è ancora visibile proprio davanti alla fontana del Pantheon.

Attualmente se ne contano circa 2500 e  per gli osservatori  più attenti ci sono diversi modelli: in ghisa, in marmo, con la lupa capitolina, a manovella. Testimoni quotidiani di scene di vita disparate: frutta messa a lavare, semplice sosta, riparo dalla calura estiva, toletta quotidiana e chi ne ha più ne metta. Ma il vero e proprio nasone rimarrà sempre lui: in ghisa e cannella ricurva, quello della Roma anni 50 per intenderci, la città di Poveri ma belli o di Vacanze Romane. Con quella faccia lì, un po' malinconico e un po' sornione.
Per visualizzare la mappa dei nasoni in pdf visitate il sito Acea http://ow.ly/uAlbB







Nasone in ghisa
 

Particolare uso del nasone
© Domenico Casamassima 




Preview mappa dei nasoni

sabato 15 marzo 2014

Un sabato tra rugby, sacro e terzo tempo

Oggi C'è Roma e Roma ha seguito in diretta l'incontro di rugby Italia- Inghilterra allo Stadio Olimpico di Roma. Il risultato per gli Azzurri poteva essere dei migliori, un inglorioso 11-52, ma la bella atmosfera da terzo tempo ha risollevato l'umore di molti. Il 6 Nazioni è diventato oramai un appuntamento tradizionale per la città, così come l'amore per questo sport, che da qualche anno ha conquistato l'interesse di tanti.
L'evento sportivo è anche un'occasione per segnalarvi una curiosità. Proprio nei dintorni dello Stadio, precisamente dal lato della collina di Monte Mario, è possibile notare un'immagine dorata che spicca dall'alto.
Non è un'illusione ottica. Si tratta in realtà di una maestosa scultura in rame rappresentante la Vergine, alta più di 9 metri e posta su un piedistallo di oltre 20 metri, creata dalla scultore Arrigo Minerbi. L'artista donò l'opera nel 1953 al Centro Don Orione lì presente, come segno di ringraziamento per il rifugio offertogli durante la Seconda Guerra Mondiale. Minerbi e la sua famiglia, di religione ebraica, furono salvati proprio dalla comunità di Don Orione che li ospitò in gran segreto.
Nel 2009 l'opera crollò a causa del grave maltempo, ma nel giro di pochi mesi ritornò imponente sul piedistallo della collina. Fu il braccio meccanico di una gru a riportala al proprio posto, tra gli applausi della folla, in un clima surreale e degno di un film.


Veduta dall'entrata dello Stadio Olimpico


Primo piano della statua







giovedì 13 marzo 2014

L'Angelo della Piramide


Una delle sculture più suggestive di Roma si trova nel Cimitero Acattolico, proprio accanto alla Piramide Cestia, in zona Ostiense. Si tratta del cosiddetto "Angel of grief " o “Angelo del dolore”, di William Wetmore Story, opera in seguito ripresa da molti altri artisti. Lo scultore statunitense creò questa figura in marmo nel 1894 per la tomba  della moglie Emelyn.
L'angelo viene raffigurato piegato sull’ara, con il viso coperto, le ali ricurve e un braccio abbandonato. Un’immagine ben lontana dalle creature celesti e fiere che l’arte ha spesso mostrato; Wetmore ci regala semplicemente un “essere umano”, fragile e reale in tutto il suo dolore. Meritano una speciale attenzione i dettagli delle mani, dei piedi che scivolano e la cura delle vesti.
In generale il Cimitero Acattolico è un piccolo gioiello nel cuore della Capitale ed è facile scovarvi delle vere e proprie opere d’arte. Nato nel 1716 per i Protestanti, divenne ben presto un luogo di sepoltura per persone di fede non cattolica. Molti personaggi illustri riposano qui, dai poeti John Keats  e Percy Bysshe Shelley, al politico Antonio Gramsci, fino allo scrittore
Carlo Emilio Gadda.



Angel of grief




Dettaglio 
© Domenico Casamassima


 
Dettaglio
© Domenico Casamassima

martedì 11 marzo 2014

Tra principesse e miseria nella Roma di Sorrentino

La Grande Bellezza del regista Paolo Sorrentino, fresco vincitore del premio Oscar, è stata in grado di dividere gli spettatori, ma di regalare una Roma protagonista indiscussa. Una delle scene più suggestive del film è ambientata sul colle Aventino e ha il sapore di una fiaba. Qui il duo Servillo-Ferilli, alias Jep- Ramona, inizia una passeggiata notturna accompagnato da Giorgio Pasotti, custode dei palazzi delle “principesse”. I tre guardano attraverso la serratura di un portone e vedono magicamente la cupola di San Pietro. Si tratta del famoso ingresso alla Villa del Priorato dei Cavalieri di Malta, ristrutturato nel 1765 da Giovanni Battista Piranesi, che creò uno degli esempi di Rococò più interessanti di Roma. L’edificio interno e i suoi giardini ebbero nei secoli un iter piuttosto travagliato, da dimora dei templari a sede dell’omonimo priorato.
Ma non lasciatevi ingannare, le principesse sono altrove, precisamente a Palazzo Barberini e a Palazzo Spada, attualmente sedi di due musei della Capitale. In particolare il primo, Galleria Nazionale di Arte Antica, ospita il famoso dipinto La Fornarina di Raffaello, osservatrice silenziosa della passeggiata notturna dello strano trio.
Tutte le porte si spalancano al loro passaggio, tesori segreti fanno capolino al lume di candela del bizzarro traghettatore; mentre le principesse sono sempre lì: vecchie giocatrici di carte, in un salone modesto, immobili e quasi un tutt’uno con la tappezzeria. Decadenti, simbolo di una Roma disincantata ed ignava. Quello "squallore disgraziato e miserabile", sotto il quale emergono attimi di intensa bellezza, nascosti e messi a tacere, come spiega il protagonista sul finale.
Amata, odiata, la città avanza sorniona inquadratura dopo inquadratura. Una creatura magnifica e crudele, ma non da cartolina. Roma è di chi sa raccontarla, immergersi nei suoi silenzi e distaccarsi al momento giusto, un attimo prima di esserne travolti.






Serratura della Villa del Priorato

 
 
Ingresso della Villa del Priorato
Palazzo Barberini