giovedì 29 maggio 2014

La fontana delle Tartarughe

A due passi dal Lungotevere, nascosta tra i vicoli del centro storico, è possibile ammirare la fontana delle Tartarughe, un piccolo gioiello di Roma.
Situata in piazza Mattei, dal nome della potente famiglia a cui apparteneva il palazzo che lì si affaccia, la Fontana venne costruita nel 1581 dallo scultore Taddeo Landini, su progetto dell’architetto Giacomo Della Porta.
La struttura subì diverse variazioni in corso d’opera, il disegno originario prevedeva quattro efebi e otto delfini in marmo; si optò invece per una realizzazione in bronzo e vennero eliminati quattro delfini, attualmente visibili nella fontana di piazza della Chiesa Nuova.
Oggi possiamo, dunque, osservare, nella parte inferiore, un basamento in marmo impreziosito da quattro conchiglie. Nella parte superiore, i quattro efebi, poggiati sui delfini, sostengono un’altra vasca, decorata da volti di putti, spingendo le piccole tartarughe a bervi.
La leggenda vuole che un duca della famiglia Mattei, noto giocatore d’azzardo, perse tutto il suo patrimonio in una sola notte. La notizia giunse alle orecchie del padre della ragazza amata che rifiutò di concedergli la mano della figlia; il duca, sdegnato dall’affronto, decise di dimostrare il suo valore, affermando che in una notte, lo stesso tempo in cui era riuscito a perdere tutti i suoi beni, avrebbe costruito qualcosa di eccezionale.
Il giorno successivo, padre e figlia furono convocati a palazzo dal duca, che, aprendo la finestra, mostrò la splendida fontana fatta erigere proprio al centro della piazza. 
I due giovani riuscirono a sposarsi e da quel momento in poi la finestra del palazzo, da cui è visibile la Fontana, venne murata in ricordo dell’evento.
Non perdete l’occasione per una visita al vicino quartiere ebraico, tra i più antichi del mondo, ricco di storia e tradizione. Dopo una passeggiata tra i suoi caratteristici vicoli, ritagliatevi il tempo per gustare alcune delle specialità tipiche della cucina giudaico romana. Uno dei piatti più gustosi è sicuramente il "carciofo alla giudia".
C'è Roma e Roma vi dà la ricetta, pronti per un'anticipazione?

                                               Ricetta del carciofo alla giudia
 
Utilizzare  il "mammola", carciofo romano per eccellenza, noto per la sua tenerezza.
Pulire bene i carciofi (eliminare le foglie esterne più verdi e dure dei carciofi fino ad arrivare a quelle interne più morbide) e lasciarli in un recipiente con acqua e limone per una decina di minuti.
Dividere a metà i carciofi verticalmente.
Scaldare un'abbondante quantità di olio in una padella larga ed immergere i carciofi due alla volta   lasciandoli galleggiare.
Togliere i carciofi dopo 20 minuti circa e aprire, con attenzione, le foglie a corolla.
Porli di nuovo, a gambo in su, nella padella e, a fiamma fortissima, friggere per un paio di minuti fino a quando diventano di un bel colore dorato.
Farli sgocciolare su uno scolapasta e servili ben caldi, conditi con sale.


Fontana delle Tartarughe

Particolari efebo © Domenico Casamassima 

Particolari tartarughe

Carciofo alla giudia
 
 

lunedì 19 maggio 2014

Un obelisco a due passi dal Colosseo!

Prosegue il viaggio sulle tracce della cultura egizia in città. Oggi visitiamo il famoso Obelisco di piazza San Giovanni in Laterano, uno dei tredici che costellano Roma.
In granito rosso e a pochi minuti dal Colosseo, svetta dai suoi 32,18 metri, che ne fanno addirittura l'obelisco monolitico più alto del mondo.
I geroglifici e le scritte in marmo laterali, ci raccontano la sua origine. L'opera venne realizzata nel XV secolo a.C per volontà del faraone Tutmosis III , con lo scopo di adornare il cortile del Grande Tempio di Ammone a Karnak, una piccola città vicino Luxor.
Fu il successore Tutmosis IV a far erigere e decorare l'opera con geroglifici su gran parte della sua superficie.
Proprio il tempio di provenienza e le scene di culto incise permettono di collegare l'obelisco al culto di Amon-Ra, dio Sole egizio.

Nei secoli successivi, stando alle cronache dell'epoca, molti personaggi illustri cercarono di trasportare il monumento a Roma. Il primo a concepire questa idea fu l'imperatore Augusto, ma le mastodontiche dimensioni della costruzione bloccarono l'operazione.
Secoli dopo, Costantino tentò di nuovo il trasporto, ma alla sua morte il progetto venne interrotto e ripreso solo nel 357 d.C., quando il figlio Costanzo II riuscì a far giungere l'obelisco a Roma, ordinando di erigerlo al centro del Circo Massimo.
Sino al Medioevo l'obelisco rimase lì, vittima della noncuranza, tanto da subire un crollo che ne portò ad uno smembramento in tre pezzi. Solo nel 1587, alcuni scavi permisero il suo ritrovamento e la successiva ricostruzione.
Papa Sisto V lo fece collocare nell'attuale piazza San Giovanni in Laterano, su un basamento opera dell'architetto Domenico Fontana, come ricorda la scritta incisa sul marmo.
L'obelisco è oggi circondato da edifici di notevole rilievo artistico, quali la Loggia delle Benedizioni di Sisto V, il Palazzo Lateranense, famoso per essere stato l'antica residenza dei papi e il Battistero.
Nella piazza di Porta San Giovanni, alle spalle di quest'area, è invece possibile ammirare la facciata della Basilica di San Giovanni in Laterano e i suoi giardini, sede storica di importanti eventi religiosi politici e culturali.


Obelisco lateranense

 Dettaglio geroglifici ed iscrizioni

Veduta di piazza San Giovanni in Laterano



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sabato 10 maggio 2014

La Casa dei Crescenzi

A due passi dalla Bocca della Verità, proprio accanto al palazzo dell'Anagrafe, è possibile ammirare un raro esempio di dimora patrizia del Medioevo.
Su via Petroselli possiamo infatti osservare ciò che rimane della casa che appartenne alla nobile e antica famiglia dei Crescenzi.
La dimora, costruita tra il 1040 -1065 per volere di Niccolò Crescenzi, aveva la forma di una torre quadrata e fungeva sia da casa che da fortezza nello stesso tempo. Trovandosi a sud dell'isola Tiberina e di fronte a quello che oggi conosciamo come ponte Rotto, ciò permetteva alla famiglia di dominarne l'accesso e far pagare il pedaggio a chi doveva attraversare il fiume.
In origine l'edificio era strutturato su due livelli, di cui oggi rimangono pianoterra e parte del piano superiore, e nelle sue mura sono presenti diversi elementi architettonici (capitelli, colonne, cornicioni, diversi mattoni) a testimonianza delle varie fasi di ristrutturazione.
La torre crollò nel 1312 a causa di un attacco del popolo, guidato da Giacomo Arlotto degli Stefaneschi.
Nel Medioevo il palazzo venne soprannominato "Casa di Pilato" visto che in occasione delle sacre rappresentazioni della Passione di Cristo era adibita a sede del suo Pretorio.
Prima della ristrutturazione ottocentesca, per lungo tempo la costruzione cadde nel dimenticatoio e venne utilizzata come fienile. Dal 1939 ospita il Centro degli studi per la Storia dell'architettura, nel quale vengono custoditi preziosi documenti sulla storia dell'architettura e dell'urbanistica.

La casa dei Crescenzi


Dettagli casa

Decori architettonici



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sabato 3 maggio 2014

Santa Maria della Scala e l'antica Spezieria

Nel caratteristico rione di Trastevere, la chiesa di Santa Maria della Scala, costruita tra il 1593 e il 1610, merita la giusta attenzione.
Come recita la tradizione, l'edificio ospita l'icona della Madonna, che nel 1592 era posizionata sulla scala di una casa nelle vicinanze (da qui il nome) e miracolosamente riuscì a guarire un bambino.
Nel 1849 in questa chiesa, adibita ad ospedale, morì Andrea Aguyar, il "moro" di Garibaldi, insieme a tanti altri patrioti che presero parte al Risorgimento italiano.
Nell'adiacente convento i carmelitani crearono, nel Cinquecento, una delle più antiche spezierie di Roma, di cui ancora oggi abbiamo testimonianza.
All'inizio era riservata solo agli stessi frati, ma dal Seicento tutti i romani ne poterono usufruire.
I carmelitani, bravi chimici e ricercatori scientifici, con le spezie del loro giardino creavano dei preparati per ogni tipo di malattia, come l'acqua della scala per le nevralgie, quella di melissa come calmante e della samaritana come disinfettante.
Le voci che circolavano sulla spezieria raggiunsero l'orecchio del Papa Pio VIII, che fece uso delle loro creazioni e questo fu solo l'inizio, tanto che venne denominata la "farmacia dei Papi".
I carmelitani terminarono definitivamente il loro lavoro nel 1954, ma i loro laboratori, che si trovano al primo piano del monastero, sopra la farmacia ancora in funzione, possono essere visitati su prenotazione.
Tutto è rimasto com'era, le vetrine con i tipici recipienti delle preparazioni, i mortai, le bilance e inoltre sui banconi sono ancora visibili ricettari ed erbari.
Vittorio Emanuele I la visitò nel 1802 e la sua presenza come quelle di altri personaggi celebri sono testimoniate da dipinti che si trovano sulle ante degli armadi della spezieria.


Santa Maria della Scala

Anta con la raffigurazione di Vittorio Emanuele I

Interni della Spezieria



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